SUPER RANDONNEE HAUTE PROVENCE – Più bella di così…

LA SOLITA VOGLIA DI RIVINCITA

Cesenatico, 24 maggio 2009 : me ne torno a casa con le pive nel sacco. Dopo aver sbandierato per tutto l’anno il tentativo di completare la 9 + 9 Colli Night & Day mi tocca pagare tutte le pizze scommesse e subìre gli sfottò di coloro che ritenevano impossibile l’impresa. Niente è impossibile, infatti una ventina di colleghi randomatti ce la fa a completare il doppio giro ma il sottoscritto incappa in una giornata negativa, causa un colpo di calore è costretto ad alzare bandiera bianca, poche volte sono stato così male. Bollito sotto il sole della Romagna inizio a meditare sul modo di riscattare la figuraccia, le sconfitte fanno male ma alla fine le rivincite diventano più belle delle vittorie. Intanto ci rivedremo qui l’anno prossimo, certo la mia stagione ciclistica non è da considerarsi fallimentare, alcune belle soddisfazioni me le sono tolte ma qui ci vuole qualcosa di veramente speciale ed esclusivo. Navigando sul web l’occhio cade su una prova francese di nuova concezione, la Super Randonnèe Haute Provence omologata Audax, che prende ispirazione dalla “gemella” svoltasi l’anno passato a Cuneo. Devo essere il primo italiano ad avere questo brevetto permanente.

CHE COS’E ?

Partenza e arrivo da Carcés (Var), 609 km., 11000 metri di dislivello, 50 ore di tempo massimo, quota di iscrizione 5 Euro, avventura allo stato puro, niente ristori, niente dormitori, niente trasporto di vestiario di ricambio, niente di niente. Ognuno deve provvedere personalmente a tutto ciò che gli serve per completare il percorso. I controlli vengono effettuati facendosi ritrarre con il pannello posto in cima ai colli da scalare, necessaria una macchina fotografica digitale. Non male l’effetto “low cost” per il portafogli svuotato che mi ritrovo e che mi ha tenuto lontano dalle più celebrate prove britanniche e spagnole. I partecipanti devono scegliere almeno un mese prima la data del loro tentativo, in caso di maltempo devono comunque effettuare la prova altrimenti viene considerata nulla. Decido di partire mercoledì 19 agosto 2009 ore 8:00 sperando nel meteo. Il tutto in gran segreto almeno fino a metà luglio, nemmeno a casa sanno nulla, non vorrei che qualcuno per sbaglio si aggregasse e mi togliesse l’esclusiva della cosa ma la mia boccaccia non è stata capace di rimanere chiusa fino alla fine. Durante un viaggio in auto mi viene posta la domanda : “Che programmi hai per il mese di agosto ?” e mi sfugge la notizia… “VENGO ANCH’IO !”.

LEI

Chi lo avrebbe mai detto ? E come si fa a dirle di no ? Beh, dopotutto potremmo essere il primo e la prima italiana, niente male come idea. Barbara, varesina, ci conosciamo da qualche anno e da un po’ di tempo la chiamo scherzosamente “sorellina” : stesso luogo e anno di nascita, stesso anno di esordio nel ciclismo ufficiale, stessa passione per le avventure estreme in bicicletta, stessa marca di automobile, stesso tipo di cellulare, il tutto senza volerlo e senza mettersi d’accordo, praticamente la mia fotocopia al femminile. Da questo momento nel racconto verrà chiamata semplicemente “Lei”. Campionessa italiana di ciclocross, a metà del guado tra il cicloturismo e l’agonismo (speriamo che la pianti lì), ultimamente si è rilanciata nelle gare a circuito correndo con i maschi ottenendo buone soddisfazioni e lasciandomi qualche preoccupazione, oddìo questa mi stronca ! Non conosce nulla del brevetto ma quando le porto la documentazione ne è entusiasta e si iscrive al volo. Nella seconda settimana di agosto ci alleniamo insieme sulle Alpi Francesi dove trascorre una settimana di vacanza in campeggio e si spara 20.000 metri di dislivello, io la accompagno solamente in due tappe, leggermente (!) provato da tutte le maratone stagionali per me Lautaret, Ornon, Croix de Fer, Telegraph, Galibier sono più che sufficienti. Grazie per l’ospitalità e la compagnia a Lele e Simona, veramente simpatici. Durante le uscite ad ogni salitina, rampa, cavalcavia le due ragazze “marziane” si scattano continuamente in faccia simulando una tappa del Tour de France e lasciandoci sbalorditi, hanno veramente una condizione strepitosa.

LA VIGILIA

Le giornate precedenti sono dedicate alla programmazione : bici con portapacchi posteriore, luci, scelta dello zaino e di cosa metterci dentro. Preparo una tabella con i passaggi ai vari controlli che risulterà molto utile, media di 16 km/h e 10 ore di riposo totali sono sufficienti per concludere in 48 ore. Per quanto riguarda la  logistica l’unico hotel della località di partenza è strapieno e siamo costretti a ripiegare sul campeggio.

Lei, la “selvaggia” è esperta del settore, io sono un po’ preoccupato per le mie ossa malandate ma tant’è, o tenda o sotto le stelle, eppoi continua l’effetto “low cost” della spedizione. Martedì 18 agosto, caricato tutto il necessario sulla capiente Fakiromobile si parte in tutta tranquillità, un incidente nei pressi di Savona rallenta la nostra marcia ma è ora di pranzo e si approfitta per la sosta, il panino non è granchè ma ci rifacciamo subito col mega-gelato. Risolti i problemi di traffico arriviamo a Carcés verso le 16. Lei inizia a montare la tenda, cerco di darle una mano per quanto possibile vista anche la mia mobilità attuale che fa veramente schifo, l’incidente di due anni prima ha lasciato un segno ormai indelebile. Un attimo di relax a bordo piscina ed è ora di cena con la classica pastasciutta, i francesi incuriositi ci passano a fianco augurandoci buon appetito, non sanno cosa si perdono… veramente gli spaghetti sono un po’ scotti ma va bene lo stesso. I nottambuli fanno chiasso fin verso mezzanotte, i più mattinieri pronti per l’escursione di giornata iniziano a vociare alle sei,

la sveglia non serve, è ora di prepararsi.

SPETTACOLO SUBLIME

Abbondante colazione, poi bisogna sbaraccare tutto perchè non ci è permesso lasciare la tenda lì per due giorni. Troviamo parcheggio poco distante, qui un super-cafone inizia a scattare foto alle auto in sosta, dice che non è possibile lasciarle davanti alla sua proprietà, ma i cartelli di divieto non si vedono. Riposte le bici in auto ci spostiamo di qualche centinaio di metri. Finalmente alle 8:45 si parte dalla piazza del Municipio. La prima parte del percorso è una delle più impegnative, in breve si sale di quota con splendide vedute sul Lago di Sainte Croix, Lei all’inizio non sembra in grande giornata ma ci mette poco a scaldare il motore. Giunti a circa 1000 metri di altitudine inizia il grande spettacolo, qui si sviluppa il più importante e forse unico canyon europeo, le gole del Verdon. Il corso d’acqua ha scavato tra le montagne spaccature profonde anche 700 metri regalando alla vista punti veramente spettacolari. Complimenti a chi ha progettato questa strada impervia e ricca di saliscendi, il suo nome è tutto un programma, “Corniche Sublime”. Il nostro è un continuo fermarsi sulle balconate delle creste del canyon per ammirare il panorama e scattare foto imitati dai numerosi turisti presenti sul luogo. Il caldo inizia a farsi sentire, dal punto di vista ciclistico mi sento come un rimorchio, come previsto appena la strada s’impenna Lei svolazza come una libellula. Dopo 80 km. prima sosta-panino nel borgo medioevale di Trigance, e che panino ! Qui la misura minima pare sia la mezza baguette, senza contare la farcitura : cipolle, peperoni, tonno, tutta roba leggerina che Lei elimina all’istante, è sufficiente il classico “jambon et fromage”. Riprendiamo, una veloce discesa ci conduce sulle rive del Verdon e da qui si risale sull’altro lato del canyon, da questo versante l’ascesa è più continua con pendenze fastidiose, la cosidetta Route de Crétes. Sono le 14 e il caldo è opprimente, per fortuna trovare fonti di acqua fresca non è un problema, ben presto mi ritrovo bagnato fradicio di sudore e non esito ad inserire le marce ridotte. La marziana non cambia registro e mi precede regolarmente di qualche centinaio di metri gustandosi il panorama, le bellezze della natura e meritandosi i complimenti di un cicloturista toscano che la vede salire col 34×19.

In cima al precipizio notiamo due aquile che volteggiano sulle nostre teste.

LA CURA DELLA BIRRA

Tornati a valle ecco un tratto di strada nazionale e qui iniziamo a fare i conti con la cosidetta “pianura francese”, quella che per intenderci di pianeggiante ha ben poco, i classici mangiaebevi. Fa meno caldo mentre aumenta il traffico automobilistico, una svolta a destra e si ritorna a pedalare in tutta tranquillità su una strada secondaria, attorno a noi sterminate distese coltivate a lavanda il cui profumo ci accompagnerà per parecchi chilometri. Nella nostra direzione di marcia si profilano nubi nere e minacciose. Puimuisson, km. 151, ecco un’insegna che recita “pizzeria – snack-bar” ma sono le 18 e non danno ancora da mangiare, ci arrangiamo con quello che abbiamo di nostro, frutta, biscotti, barrette però da questo momento inizia la cura della birra, guarda caso siamo d’accordo anche su questo. Due fantastiche mezze alla spina, dissetanti ed energetiche, alla ripartenza gli effetti benefici si avvertono immediatamente, mi sento molto meglio. Non si dice “andare a tutta birra” ? Ecco l’asfalto bagnato ed alcune pozze d’acqua, abbiamo schivato il brutto tempo, dopo un ponticello su un torrente con acqua trasparente come il vetro inizia il Col d’Espinouse, sono tutti colli con nomi che non dicono molto agli appassionati ma garantisco che danno parecchio da fare, saliamo parlando e sparlando del più e del meno, Lei si meraviglia del fatto che, a contrario suo, non mi sia ancora fermato a fare pipì, in compenso ho sudato come un maiale. Dopo più di mezz’ora ci rendiamo conto di non aver incontrato NESSUNO, in questi luoghi sperduti se ti venissero a cercare manco ti trovano ! Il “coprifuoco” termina col passaggio di due auto nei pressi del raccordo con la statale.

A questo punto siamo in perfetta tabella di marcia.

I NOSTRI TIFOSI

Prime ombre della sera, con l’abbassamento della temperatura mi sento un drago, Lei a ruota fa un po’ di fatica (finalmente !) e mi avverte che forse sto esagerando un pochino, rientrato nei ranghi ad un certo punto ecco (finalmente 2 !) l’esigenza di “andare in bagno”, accolta con un fragoroso applauso e, per solidarietà, fermata dietro un cespuglio per lo stesso motivo. Luci accese e giubbino notturno indossato, ecco il Col de Fontbelle valicato ormai al buio, in silenzio ascoltiamo i richiami della civetta e l’abbaiare di cani in lontananza. Scattare la foto-controllo al pannello diventa un’avventura, puntiamo tutti i fari a nostra disposizione, il flash e qualche ritocco al computer faranno il resto. La strada rimane in quota per qualche chilometro, due pecorelle “smarrite” alla nostra vista si dileguano nel bosco, in discesa non si vede molto, è tempo di luna nuova e manca la segnaletica orizzontale, sopra di noi una fantastica stellata che si ripeterà la notte successiva, Lei su una curva si distrae ammirando su un dirupo il castello illuminato a giorno e sbaglia traettoria, le urlo “Dove vai ?”, appena in tempo per bloccare i freni e riprendersi. Sisteron, cittadina della valle della Durance, km. 237, sono le 22:30 e non c’è anima viva, per fortuna proprio in centro ecco l’unico locale aperto, una paninoteca. Seduti al tavolino alcuni giovani di origine nordafricana che diventano ben presto nostri tifosi. Solito paninazzo e birra media. All’esterno tira un’arietta fastidiosa, Lei colta da abbiocco si accuccia in un angolino del locale, il titolare gentilissimo ci concede di riposare fino all’orario di chiusura.

Cerco anch’io di dormire, un fastidioso dolore alla gamba incidentata mi impedisce di farlo, e pensare che una volta risalito in sella sparisce del tutto, per me solo una decina di minuti con la testa appoggiata sul tavolino. Bardati di tutto punto con gambali e manicotti rieccoci per strada, una strombazzata di clacson, sono i nostri “tifosi” che ci salutano rientrando a casa.

OGGI LE COMICHE

Sul nostro cammino incontriamo dapprima una volpe che ci attraversa la strada, poi una famigliola di tassi e uno scoiattolino, purtroppo pare sia usanza locale lasciare liberi i cani contro i malintenzionati, uno di questi grosso come un cavallo è molto minaccioso e ci rincorre abbaiando per un centinaio di metri, che fiatone !

Per limitare altri inconvenienti del genere procediamo affiancati per molti chilometri. Finalmente un tratto di pianura vera, sembra incredibile, pur non vedendo quasi nulla questa strada mi piace un sacco, da buon milanese mi ricorda qualcosa di familiare… Saint Etienne les Orgues, ore 2:30, altro check-point. Propongo una

sosta-sonno per non arrivare in cima ai Monti della Lure beccandosi l’aria gelida ed affrontare la pericolosa discesa con il buio, si arriva vicini ai 1800 metri di altitudine.Troviamo un parapetto che fa al caso nostro e ci ripara dalle correnti, sveglia puntata alle 4 ma anche stavolta dormo pochissimo causa il solito dolore, non riesco a trovare una posizione che non mi faccia stare male. Ecco la sveglia, ho tolto anche le scarpe, Lei nel tentativo di aiutare a rialzarmi scivola e per non cadere mi rifila un pestone tremendo sull’alluce, trattengo a stento l’urlo di dolore che farebbe svegliare tutto il paese, uno piange l’altra ride a crepapelle, una scena degna dei famigerati Mondaini – Vianello.

ATTIMI DI CRISI E IL… SEDERON

Pas de la Graille, 18 chilometri di salita sempre uguale, nauseante, veniamo sorpresi da folate di aria calda che aumentano la sensazione di noia, altra breve sosta sdraiati a bordo strada. Finalmente in cima dopo due ore di marcia, il paesaggio è lunare, la discesa freddolosa soprattutto in mezzo al bosco, al primo bar aperto un bel tè caldo (niente birra stavolta), colazione completa e Lei trova anche le amatissime meringhe. Inizia la risalita nella valle dello Jabron, qui la strada non è certo banale, paesini caratteristici sulla cima di ogni salitella, un automobilista distratto ci procura una bella scarica di adrenalina allargando troppo una curva, me lo sono visto addosso. Nei tratti ombreggiati l’asfalto è ancora umido, a bordo strada notiamo dei mucchi di… grandine ! La sera prima il temporale è passato anche di qui, l’abbiamo scampata bella. Siamo sempre in orario rispetto a quanto previsto però ricomincia a fare caldo e ciò aumenta il mio rimbambimento da sonno arretrato, le gambe girano poco e se fossi stato da solo come programmato in origine non so se avrei proseguito, la presenza di Barbara in questo momento di crisi è fondamentale per i suoi continui incoraggiamenti, capisco quanto sia bello e importante condividere con qualcuno questo tipo di avventure al limite. Viste le nostre condizioni di forma pensavo di non avere problemi a concludere il brevetto ma vista sul campo l’effettiva difficoltà del percorso e le condizioni bestiali di calura purtroppo mi devo ricredere. Un altro momento di ilarità quando raggiungiamo un bivio con deviazione verso una località dal nome alquanto curioso… Sederòn ! Mi piacerebbe tanto “visitare” questa cittadina ma non c’è tempo. In testa alla valle valichiamo il Col de Macuegne, subito dietro l’ultimo tornante ecco profilarsi la sagoma dello spauracchio più temuto alla vigilia, il celeberrimo Mont Ventoux.

La successiva discesa è velocissima.

AL LADRO !

Montbrun, km. 355, ci fermiamo alla fonte per riempire le borracce. Nel tratto seguente finalmente un po’ di vento a favore, dopo aver percorso qualche chilometro un urlo lacerante alle mie spalle : “LO ZAINO ! NON HO PIU’ LO ZAINO !” Soltanto ora si rende conto di non averlo in spalla. Oddìo. Furto ? Dimenticanza ? Io non mi sono accorto di nulla, in questo frangente ero stato sempre avanti. Fattostà che Lei gira la bici, faccio per seguirla ma vedendomi ancora in crisi di sonno mi costringe (!!!) a fermarmi all’ombra a riposare, sentendosi in colpa torna indietro da sola. Figurarsi se riesco a chiudere occhio con tutti i pensieri che mi frullano nella testa, passano i minuti e i cellulari qui non funzionano, ripercorro anch’io la strada al contrario, il vento stavolta mi respinge, nel paese dapprima non riesco a ritrovare Barbara… eccola laggiù che chiede ancora ai passanti se hanno trovato “le sac”. Per fortuna soldi, telefono e documenti sono sempre nel marsupio sul manubrio, le manca tutto il vestiario e gli occhiali da vista. Stanotte ci arrangeremo con il mio cambio vestiario ancora pulito, proviamo a consolarci con… paninazzo e birra, con tutto questo bailamme ormai ci siamo giocati la tabella di marcia, ritardo di due ore e mezza.  Col de Fontaube, l’asfalto scuro appena rifatto manda un calore insopportabile, sicuramente attorno ai 40 gradi, poi continui saliscendi e il Ventoux, “La Bestia” che ci attende. Ore 14:30, se saliamo ora potremmo diventare delle braciole alla griglia, ecco la mossa che risulterà decisiva : nonostante il ritardo sulla tabellla sosta-sonno fino alle 16 nei pressi di una fontana,

lo zaino rimasto fa da cuscino per entrambi. Stremato, finalmente riesco a riposare un pochino.

ECCO “LA BESTIA”

Malaucene, dopo 400 km. siamo alle prese con una delle salite più temute al mondo. Una dissetante Coca-Cola, Lei mi strappa lo zaino dalle mani, se lo mette a tracolla ancora col rimorso di quanto successo a Montbrun e scappa via sulle prime rampe, è una macchina infernale da ciclismo. Manco provo a seguirla, in cima mi rifilerà un bel quarto d’ora di distacco. Ripenso all’avventura di cinque anni prima quando mi sono laureato Galérien del Mont Ventoux scalando “La Bestia” per quattro volte in una giornata, altri tempi e si vede, nel tratto centrale quello più ripido il contatore non segna più di 7 km/h. Come previsto a quest’ora la temperatura si è leggermente abbassata però, anche con qualche rischio, cerco i tratti all’ombra sul lato sinistro della carreggiata. A cinque chilometri dalla vetta entriamo in un bar, abbiamo finito l’acqua ma non ci danno retta, sembra diamo fastidio, dopo dieci minuti di inutile attesa ce ne andiamo schifati, troviamo un rubinetto sul retro e alla faccia loro ci riempiamo le borracce. Ecco la pietraia, il ripetitore, le prime raffiche di Mistral,

fatto ! La foto scattata in cima diventerà un poster, e adesso mia cara lo zaino te lo tieni anche in discesa, ti aiuterà a rimanere in equilibrio nonostante la tormenta del Ventoux. Sono le 19:10, fatti due conti… direi che non siamo proprio spacciati, ce la possiamo fare. La discesa con tutte le scritte inneggianti ai campioni del Tour de France è qualcosa di esaltante, prima del calar delle tenebre mi riapproprio dello zaino  e si sale al

Col des Abeilles, l’ultimo della serie, ma le salite non mancheranno di sicuro, qui la pianura rimane “francese”… 

STUPENDA ULTIMA NOTTE

Sault, km. 465, ore 21:30. Stavolta con la birra ci va una bella pizza, qui sono molto solleciti nel servire. Lei mi vede nervoso e ha ragione, per la riuscita del brevetto ora deve andare tutto alla perfezione. Io la vedo stanca e ci mancherebbe altro, viste le caratteristiche del percorso il copione della parte conclusiva sembra già scritto, Fakiro in testa al gruppo con andatura regolare ! Facciamo la conta di cosa è rimasto, le ginocchiere a te, i copriscarpe a me, le offro il mio giubbino e i manicotti rosa Biciclissima, vestita con i nostri colori sembra un confettino. Niente caffè, nel parcheggio adiacente spuntano due panchine, sonno profondo con sveglia calcolata alle 23:30, nessun dolore. In perfetta forma per il rush finale. Vado a svegliare Barbara poi mi nascondo dietro le auto in sosta perchè devo fare qualcosa di importante… Non fa nemmeno freddo, da qui in poi strade deserte fino all’alba, i soliti animali incontrati sul percorso, lunghi quarti d’ora di silenzio soli con il fruscìo delle ruote, ogni tanto un “Come va ? Tutto a posto ?”. La stupenda volta stellata è un ottimo presagio, un interminabile rettilineo in mezzo alla foresta, è qui che il passistone si esalta mulinando il 50×13, Lei si affianca dicendo “Ti stai divertendo eh ?”, “Ma veramente sembra in leggera discesa… o sono una Bestia ?”, “Sì, la vera Bestia sei tu !”. Come colonna sonora provo ad intonare “La Cavalcata delle Valchirie”, Lei ride divertita, poi i suoi occhi si chiudono, a Forcalquier vuole farsi un sonnellino ad una fermata dell’autobus coperta, naturalmente ne approfitto anch’io tenendo sempre l’orologio sotto controllo per puntare la sveglia. A Oraison le uniche piccole indecisioni sul percorso, fin qui road book semplicemente perfetto, continuano i saliscendi, nella zona tra Valensole e Quinson abbiamo superato una ventina di cotes.

ECCO I VINCITORI

Allemagne en Provence, ultimo check-point a 47 km. dal traguardo, possiamo permetterci un ulteriore riposo per affrontarli con la dovuta lucidità, un’altra fermata dell’autobus ben riparata (sembra un bunker) è il nostro letto fino alle 6. Ripartenza all’alba, ultima foto-controllo poi un’altra in un’incantevole scorcio con il fiume Verdon (sì, è sempre quello) a far da protagonista. Nell’ultimo tratto è prevalente la discesa, era ora !

E ci diamo battaglia alternandoci al comando a velocità sostenuta, ma da dove arrivano tutte queste energie ?

In cielo due aerei con le loro scie disegnano una “X” quasi a simboleggiare la nostra vittoria e all’ultimo chilometro veniamo accolti dal volo di due colombi (o piccioni ? ma a me piace immaginarli colombi) proprio davanti alle nostre bici, direi che all’arrivo dei Campioni l’organizzazione è risultata perfetta.

Ore 8:45, ma in tabella non avevo previsto proprio 48 ore ??? Questa è la ciliegina sulla torta.

Doccia, colazione e ronfata galattica sui materassini in un’area attrezzata per gli sport di avventura, i ragazzi fanno casino ma chi li sente. A metà ritorno super-mangiatona in un ristorante del Monferrato.

Due ringraziamenti : a tutti gli amici e colleghi a conoscenza della nostra avventura che ci hanno sostenuto e incoraggiato e ai nostri meccanici Diano Paccagnella e Alberto Chiesa che ci hanno fornito due “cavalli” in condizioni perfette, durante il nostro viaggio non abbiamo registrato nessun inconveniente meccanico.

Avvisateci prima di partire, così ci risparmiamo il peso delle brugole e dei cacciaviti…

Fakiro – Fulvio Gambaro

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